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C’è una doppia spada di Damocle che pende sulla Regione e sui suoi conti e che impone “un rapido cambio di passo” a Palazzo d’Orleans. Per un verso c’è il rischio che il Consiglio dei ministri impugni a breve davanti alla Corte costituzionale, “per contraddizione interna”, la legge regionale che ha istituito l’esercizio provvisorio. Per l’altro s’allunga l’ombra di nuove voragini nei bilanci di Regione ed enti locali per effetto della rivoluzione dei conti scattata in Sicilia nel silenzio generale, all’inizio di quest’anno. Un “problema serissimo ma sottovalutato”, denuncia la Cisl che stamani ha dedicato un dibattito al tema della riforma della contabilità pubblica entrata in vigore proprio con la legge che ha varato l’esercizio provvisorio.
In particolare, le nuove procedure di conto stabiliscono che enti pubblici e società partecipate possano spendere, d’ora in poi, solo se in cassa hanno denaro certo. Non più dunque in previsione di entrate, solo ipotizzate. E l’articolo 11 della legge regionale sull’esercizio provvisorio recepisce appunto queste norme nazionali. Ma qualche pagina più in là, l’articolo 15 della stessa legge poggia l’intera manovra regionale sugli 1,7 miliardi di trasferimenti dallo Stato di cui la Regione non ha certezza alcuna. “Insomma – afferma Mimmo Milazzo, segretario della Cisl Sicilia – un pateracchio che rischia l’impasse a Roma davanti alla Consulta e per il quale la Regione farebbe bene ad aprire il confronto con parti sociali e governo nazionale. Subito, in vista del varo della legge di Stabilità”. Anche perché, fanno notare alla Cisl, le stesse norme, che entreranno a regime nel 2016, stabiliscono che già quest’anno i consuntivi 2014 di Regione ed enti locali siano definiti secondo il principio del bilancio consolidato. Entro il prossimo aprile i Comuni, entro luglio la Regione. In pratica, dovrà essere redatto un unico rendiconto per l’ente e le sue società partecipate o controllate. E “se si pensa che il solo sistema degli Ato rifiuti, non ancora superato dalle nuove Srr, cumula in Sicilia debiti per circa 1,4 miliardi, il rischio che le pubbliche amministrazioni esplodano – denuncia la Cisl – è rilevantissimo”.
Le nuove norme sui sistemi contabili, aggiunge Riccardo Compagnino, consulente Cisl per le politiche finanziarie e di bilancio, consentono tuttavia di spalmare in trent’anni, in quote costanti, i cosiddetti residui attivi, cioè le entrate solo nominali ma per nulla certe. Queste somme nel bilancio della Regione ammontano ai 15 miliardi più volte richiamati dalla Corte dei conti, ricorda la Cisl rimarcando che “i residui attivi d’ora in poi non potranno più essere usati come escamotage per giustificare spese senza copertura”. Pertanto, “serve istituire un fondo, peraltro previsto dalla stessa legge – incalza Milazzo – ma la Regione non lo ha ancora fatto”. Un ritardo che preoccupa il sindacato. I nodi infatti verranno presto al pettine. Se si bloccasse la spesa per mancanza di coperture finanziarie, sostiene la Cisl, “non vorremmo che a pagare il prezzo dell’impasse finissero con l’essere la spesa sociale e quella per iniziative di sviluppo. Sacrificate sull’altare della obbligatoria operazione-verità”.
Per Maurizio Bernava, segretario confederale Cisl che ha tirato le conclusioni della discussione, “le nuove norme costringeranno tutti gli enti a comportarsi come aziende private. Ora non c’è più spazio per gli artifizi contabili che sono stati il fondamento di bilanci per i quali ci si preoccupava solo degli aspetti formali. Ora i problemi economici strutturali dovranno essere affrontati alla radice. E con serie politiche di risanamento. E questo vale anche per lo Stato quand’è datore di lavoro”. Per Bernava il governo nazionale più che parlare di mobilità e licenziamenti dovrebbe preoccuparsi di “mettere insieme buona amministrazione, piani di risanamento e investimenti che consentano qualità ed efficienza alla macchina pubblica”.
Alla Cisl ricordano, ancora, che il decreto legislativo 118 del 2011 che ha introdotto in Italia la riforma della contabilità pubblica, prevede “un periodo di sperimentazione che la Regione, però, non ha voluto fare”. Cosicché si trova ora con le spalle al muro. Gli unici enti nell’Isola che hanno sperimentato fin qui le nuove norme, sono la provincia di Catania e i comuni di Belpasso, Bronte, Capo d’Orlando, Ganci, Mascalucia, Prizzi, Santa Ninfa e Sortino. In pratica, appena otto municipi su 390.
Al dibattito hanno preso parte anche Paola Mariani (ministero del Tesoro) e Nicola Tonveronachi, presidente della commissione Fiscalità enti pubblici.