[print_link]
E’ stato presentato oggi, all’Auditorium di via Rieti a Roma, il Report 2016 dell’Osservatorio Sociale dal titolo “Ripartire dalla contrattazione sociale di prossimità per qualificare l’azione negoziale nei territori”. “Oltre 1000 contrattualisti sociali della Cisl hanno siglato accordi con le amministrazioni locali a sostegno delle fasce più debole della popolazione nel 2015 all’interno di una rete di oltre 2500 dirigenti e quadri impegnati nel “sociale”. Ha dichiarato il Segretario confederale Cisl, Maurizio Bernava, introducendo i lavori della giornata. “Un’ attività che anche in un periodo di forte crisi, non arretra mantenendo la sua solidità con oltre 1000 accordi conclusi nel solo 2015 e quasi 5500 dal 2011. La contrattazione sociale di prossimità si dimostra capillare e capace di interessare oltre 19 milioni di persone che vivono soprattutto nei piccoli comuni. E’ una modalità di impegno dei sindacalisti meno noto, ma che attesta una presenza vicina alle persone che debbono affrontare rischi sociali vecchi e nuovi (lavoratori in difficoltà, persone a rischio di esclusione, famiglie con carichi di cura verso bambini e non autosufficienti) in un contesto spesso segnato da isolamento e frammentarietà di risposte. La Cisl è orgogliosa di questa rete di dirigenti e quadri che quotidianamente si impegna nel ‘sociale’, e oggi vogliamo ringraziarli pubblicamente, così come quanti lavorano all’interno della capillare rete dell’Osservatorio Sociale per valorizzare tutto questo nostro capitale. Per questo il lavoro dell’Osservatorio,-spiega Bernava- nato nel 2011, proseguirà nei prossimi anni, grazie anche alla collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, per strutturare un sistema informativo stabile e periodico sulla contrattazione sociale territoriale, che già a Giugno 2017 sarà in grado di presentare il prossimo Report”.
L’azione sindacale non si limita, secondo quanto emerge dai dati dell’Osservatorio, a presidiare la tenuta del welfare locale, della rete dei servizi e del potere d’acquisto, ma travalica una funzione eminentemente difensiva per orientarsi verso l’attivazione di processi di progettazione ed innovazione sociale, per ripensare le politiche sociali a partire dal basso. Dalla prossimità. Facendo delle politiche di welfare uno degli assi per sviluppare la crescita inclusiva. “Nessuna economia e nessuna società che voglia essere democratica può prosperare se non è capace di contenere il divario tra chi ha e chi non ha.” (J.Stiglitz). E’ significativo in questo senso che dall’analisi emerga che laddove è più consolidata la contrattazione sociale, maggiore è la propensione ad investire nel sociale delle Amministrazioni Locali. Dobbiamo in maniera corale sviluppare una azione per giungere ad un patto sociale con l’obiettivo di:
1. L’impegno locale, la capacità di resistenza nella propensione al sociale delle amministrazioni locali, senza una cornice di riferimento nazionale rischia di non reggere più e di disperdere il capitale sociale costruito in tutti questi anni. E ci indica quindi l’esigenza di investire in politiche di riforma nazionale per sostenere il welfare locale in una logica più partecipata, integrata ed inclusiva. E’ necessario investire maggiori risorse, definire obiettivi prioritari e gradualmente iniziare a garantire i livelli essenziali delle prestazioni, per valorizzare e sostenere l’infrastrutturazione sociale. Attraverso una governance partecipata. 2. L’impegno condiviso con le amministrazioni locali si concentra sulla tutela di lavoratori a rischio, sulle persone in condizione di povertà o a rischio di esclusione, sulla disabilità, sulle famiglie e i bambini. C’è però un disallineamento tra queste priorità, fortemente sentite da chi è a contatto con le persone quotidianamente, la spesa sociale e la presenza di servizi alla persona e alla famiglia nel territorio realmente capaci di prendere in carico i bisogni. La creazione di strumenti di contrasto alla povertà ne è un chiaro esempio. Il patrimonio di idee, saperi, relazioni, competenze costruite comunitariamente interroga il livello nazionale per ri-orientare e ripensare un welfare ormai “fuori squadra”. “Caro Governo – continua Bernava – i risultati che oggi abbiamo illustrato ci rafforzano nella richiesta di allineare queste priorità, per non lasciare sole le persone di fronte ai nuovi rischi sociali che emergono. Vi è l’urgenza di strutturare nel nostro Paese un welfare dell’inclusione sociale, di largo respiro definendo un terzo pilastro sociale: quello dei servizi di educazione, di cura, per il lavoro e di contrasto alla povertà, in una logica di integrazione tra sistemi, che garantisca realmente la centralità della persona. Per questo servono scelte coraggiose che intervengano sia sul ridisegno del sistema pubblico dei servizi ed interventi di natura sociale, sia sull’orientamento verso obiettivi prioritari e condivisi del welfare contrattuale ed integrativo, sia sul ruolo e la partecipazione di un terzo settore qualificato. 3. La non autosufficienza non ha in Italia ancora culturalmente l’attenzione che merita. Ne è prova che si riesce a concludere un accordo su questo tema in poco meno di un caso su dieci (9,6%), in diminuzione tra il 2014 e il 2015. Nonostante l’impegno che il sindacato riconosce in questa direzione, a tutti i livelli organizzativi, e nonostante proposte e richieste (anche legislative) non siano mancate. Questo è il patto in cui come Cisl ci vogliamo spendere, per migliorare il welfare, per migliorare il Paese” ha concluso Bernava.
I testi del Report e la sintesi
Rapporto def 2016
Sintesi_Report scoiale 2016Cisl