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Hanno proclamato lo stato di agitazione i sindacati Filt Cgil e Fit Cisl per i 23 lavoratori dell’Impresa Portuale SCS, che operano all’interno del porto di Trapani. Tutto dopo il nulla di fatto al tentativo di conciliazione resosi necessario a causa dell’avvio delle procedure di licenziamento per tutti i 23 dipendenti. L’impresa, nel mese di novembre, aveva stipulato un atto di affitto di ramo di azienda con la Europea Servizi Terminalistici Srl . “Un atto del quale, prima di tutto – spiegano Franco Colomba e Rosanna Grimaudo responsabili Filt Cigl e Fit Cisl Trapani -, i sindacati non sono stati avvisati nel tempo che prevede la legge, almeno venticinque giorni prima del trasferimento del ramo di azienda che è avvenuto il 27 novembre scorso. Noi lo abbiamo appreso addirittura tre giorni dopo, ma la Scs è andata avanti con i licenziamenti contravvenendo a una serie di norme e di articoli, come quello del codice civile, che prevede la continuità del rapporto di lavoro in caso di cessione di rami di azienda (articolo 2112)”. Di fatto, quindici lavoratori che si occupano delle operazioni portuali dovevano transitare direttamente alla Europa Servizi Terminalistici, mentre i restanti otto, alla società controllante della Scs, la Newcoop, “L’intento della Scs invece è quello di proseguire con i licenziamenti, e, con la minaccia di metterli in atto, consentire alle società Est e Newcoop che in realtà controllano con le quote societarie la Scs di definire accordi individuali peggiorativi delle attuali condizioni contrattuali e normative . Pertanto abbiamo dovuto proclamare lo stato di agitazione e chiesto un incontro urgente all’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale al fine di giungere a una soluzione della vicenda che rischia di avere pesanti ripercussioni di ordine pubblico, perché si tratta di lavoratori che gestiscono buona parte delle operazioni di carico e scarico merci dentro il porto di Trapani, e di ordine sociale per via della perdita di questi posti di lavoro”.