Comuni: in sofferenza finanziaria, in Sicilia, il 20% dei 390. Cisl Sicilia “Situazione esplosiva, che investe cittadini e lavoratori degli enti”

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Un milione e quattrocentomila persone in Sicilia vive con lo spettro di una mannaia che s’allunga sulla testa. A causa del blocco di una serie di servizi tipicamente erogati dai Comuni, dagli asili nido all’assistenza a disabili e anziani. E per il rischio di perdere il posto di lavoro, passando per il tunnel della mobilità. È oltre un quarto della popolazione dell’Isola a risiedere, infatti, nel territorio di enti locali in dissesto o predissesto. In pratica, agonizzanti. O quasi. Sul primo fronte, cittadine come Monreale (39.187 abitanti) o Milazzo (31.882) o la piccola Cassaro, 821 anime nel Siracusano. Sull’altro, città grandi come Catania e Messina. E persino Ustica in provincia di Palermo e Motta Camastra, nel comprensorio di Messina. In totale, sono 28 i Comuni in dissesto finanziario e 35 quelli in predissesto. Ma ben il 20% dei 390 municipi dell’Isola vive in condizioni di grave sofferenza finanziaria. Il tema è stato al centro stamani di un meeting svoltosi a Palermo per iniziativa della Cisl, che ha colto l’occasione per lanciare a Governo e Parlamento regionali la proposta di una cabina interassessoriale di regia “per l’analisi preventiva, in sede tecnica, dei bilanci degli enti locali”. “Una sede di diagnosi e terapia degli assetti finanziari – spiega Mimmo Milazzo, segretario generale regionale Cisl – da istituire con legge della Regione e che, senza entrare nella valutazione delle priorità di bilancio, che spetta alla politica, consenta di liberare il campo, prima del varo dei documenti preventivi, da tutto ciò che rischi di degenerare in stallo e in strozzature”. Il tema è caldo. Investe i cittadini. I lavoratori degli enti locali, che nel caso di conclamato disequilibrio vedono tagliate le piante organiche e anche le retribuzioni accessorie. E riguarda pure gli amministratori, che nel caso di giudizio di responsabilità del dissesto, sia pure in primo grado, “non possono per dieci anni”, ricorda la Cisl, candidarsi né ricoprire incarichi pubblici.
L’incontro, aperto da Milazzo e concluso dal segretario confederale nazionale Cisl Ignazio Ganga, ha preso il via con la presentazione del volume edito dal Centro studi enti locali di San Miniato (Pisa), Le fasi della crisi dell’ente locale. A parlarne, gli autori: Riccardo Compagnino, esperto di contabilità pubblica e consulente della Cisl Sicilia per le politiche finanziarie e di bilancio; Andrea Mazzillo, commercialista, docente ed ex assessore al Bilancio della giunta Raggi, a Roma. E Nicola Tonveronachi, ceo del Centro studi toscano. Quest’ultimo ha parlato di “piani di riequilibrio comunale per spalmare i deficit fino a un massimo di vent’anni”. “È uno strumento istituito nel 2012 dal governo Monti – ha sottolineato – ma finora poco usato”. Eppure, i Comuni implodono sotto il peso, in particolare, dei debiti fuori bilancio e dei contenziosi. Né è più tempo di “cavalieri bianchi che, con qualche emendamento, ti spediscono a casa un pacchetto di miliardi”. Boccate d’ossigeno magari ne arrivano ai Comuni ma non sono le boccate d’ossigeno a risolvere i problemi. Il punto, ha puntualizzato Compagnino, è che “i trasferimenti ordinari in conto capitale ai Comuni, negli ultimi decenni si sono ridotti quasi dell’80%. Del 77,94 per la precisione. Questo, ha acceso una sorta di ipoteca sul funzionamento delle amministrazioni. E anche per questo “è urgente che la trattativa finanziaria tra Regione e Stato, arrivi a un punto. Perché il rischio è che mentre a Roma si discute, Sagunto finisca espugnata dall’instabilità”. Oltretutto, ha ripetuto Milazzo, a rischiare non sono solo i Comuni. “La vicenda di Siracusa è la plastica testimonianza che i Liberi Consorzi non sono messi meglio”.
“La situazione è molto difficile”, ha fatto eco Mario Emanuele Alvano, segretario generale dell’Anci Sicilia. Gli indicatori sono preoccupanti “sia sulla cassa che sulla liquidità”. E questo porta con sé pesanti ricadute sociali. Il fatto è che “negli ultimi anni si è passati dalla finanza derivata dallo Stato alla finanza propria, frutto di tributi locali. E questo cambiamento è stato devastante. “Servono misure compensative che recuperino lo spirito autentico del federalismo fiscale e facciano leva su un fondo di solidarietà. Poi, c’è bisogno di una riforma della riscossione locale che si regga su una macchina amministrativa più efficiente. Sennò, non se ne esce”. “Ma bisogna anche – ha incalzato Mazzillo – cominciare a ragionare in termini di rete puntando su ambiti territoriali omogenei che consentano di erogare servizi razionalizzando i costi e massimizzando le opportunità per le popolazioni locali”.
Ultimo degli interventi, quello di Ganga. Il segretario confederale Cisl ha ricordato che sono 400 in Italia gli enti locali in dissesto o predissesto. Il primo fu Alessandria, in Piemonte. Oggi però il tema riguarda specialmente il sud. C’è una responsabilità dello Stato, che “negli anni della crisi ha ridotto la spesa pubblica per il Mezzogiorno, del 7%. Quella indirizzata al centro-nord, è invece cresciuta contemporaneamente dello 0,5%”. Ma c’è anche una responsabilità della Regione. Il fondo unico regionale per gli enti locali è infatti passato, nel giro di poche Finanziarie, da 900 a 240 milioni. Così però “i Comuni, al di là delle responsabilità amministrative locali, sono stati abbandonati al loro destino”. Insomma, anche per Ganga “serve una strategia preventiva del dissesto che, mediante monitoraggio e controlli, anticipi le situazioni di sofferenza e cancelli ogni ombra di default”.

 

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