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Sulla rete siciliana dei trasporti pende una spada di Damocle: sono i dodici miliardi di opere da sbloccare che, se non affidate mediante gare nel giro di due anni, svaniranno nel nulla. Con la revoca, per inadempienza o noncuranza, degli stanziamenti di Bruxelles. «Per lo più – segnalano Cisl, Fit e Filca siciliane – buona parte di queste opere sono di competenza di Anas e Rete Ferroviaria Italiana, che hanno fin qui accumulato ritardi che la Sicilia non si può permettere». Anche perché i collegamenti su binario in Sicilia sono lontani anni-luce dallo stato dell’arte del trasporto ferroviario nel nord Europa e all’altro capo del Paese. E quanto al sistema della viabilità, «gran parte delle strade dell’Isola sono state concepite quando i trasporti avvenivano su camion di piccole dimensioni e il traffico era in misura notevolmente inferiore rispetto all’attuale». Dunque, c’è un problema di manutenzione. Ma ce n’è anche uno, a monte, di «adeguamento e riprogettazione in funzione dei nuovi volumi di traffico». Insomma, la rete delle infrastrutture in Sicilia rimanda all’immagine di una groviera. O anche di una galassia tappezzata di mille buchi neri.
Il tema, è il cuore del libro bianco «Connettere la Sicilia» elaborato dal sindacato guidato nell’Isola da Sebastiano Cappuccio: 234 pagine di dossier che passa ai raggi x lo stato di strade, autostrade, linee ferrate, porti e aeroporti della regione. Mettendo anche in luce, dopo la tragedia del ponte Morandi a Genova, che in Sicilia sono 1900 i «punti di criticità» che pesano sull’incerto stato dei viadotti. Al riguardo «si è in attesa – si legge nello studio – che l’Anas fornisca l’esito del monitoraggio per gli interventi da eseguire». Così come, afferma Cappuccio, «ci auguriamo che qualcosa prima o poi si muova sul fronte della cosiddetta continuità territoriale tra Sicilia e continente». Il 4 febbraio 2016 il Parlamento europeo, ricordano alla Cisl, votò una risoluzione che riconosceva la condizione di insularità della regione. Una decisione che suscitò entusiasmo. E sembrò aprire la strada all’abbattimento dei costi delle tratte marittime, ferroviarie e aeree e a misure di fiscalità compensativa. Ma «tre anni dopo siamo pressocché dov’eravamo tre anni fa», chiosa il segretario della Cisl Sicilia. «E anche nel Def recentemente approvato dal Parlamento nazionale, sull’insularità non c’è completamente nulla. A dispetto del voto di Bruxelles». È anche per questo, e per avere costantemente il polso della situazione dei trasporti e tenere dritta la barra di un settore che taglia trasversalmente l’economia, che la Cisl Sicilia propone «l’istituzione, a Palazzo d’Orleans, di una cabina di regia interassessoriale, interistituzionale e aperta alle forze sociali». «Pensiamo – rimarca Cappuccio – possa essere uno strumento strategico non solo nella logica della ricognizione. Anche in quella dell’organizzazione. E della programmazione dello sviluppo in rete». Cappuccio ha introdotto il dibattito, svoltosi stamani a Palermo e che dal libro bianco del sindacato ha preso le mosse. Vi hanno preso parte: la leader nazionale Cisl Annamaria Furlan, che ha tirato le conclusioni; il presidente della Regione Nello Musumeci; il vicepresidente e assessore all’Economia, Gaetano Armao; l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone. Ancora: Mario Emanuele Alvano, segretario generale dell’Anci Sicilia; Marco Migliore, docente di Teoria dei sistemi di trasporto nell’università di Palermo; Valerio Mele, coordinatore territoriale per la Sicilia, dell’Anas. E Roberto Pagone, direttore Investimenti Area Sud di Rete Ferroviaria Italiana. I segretari Dionisio Giordano (Fit Sicilia) e Paolo D’Anca (Filca Sicilia), hanno svolto approfondimenti tematici. Ha moderato il confronto Lino Morgante, direttore editoriale dei quotidiani Gazzetta del Sud e Giornale di Sicilia. Il libro bianco. Relativamente ai collegamenti viari, segnala la «situazione di stallo di molti cantieri, con 268 opere bloccate o in difficoltà a vario titolo, per un valore di 4,7 miliardi». E fa l’elenco di una serie di opere per la cui realizzazione sarebbe «necessario e non più derogabile» un colpo d’acceleratore: dall’anello autostradale Gela-Agrigento-Castelvetrano per il quale «si sta avviando solo ora con colpevole ritardo» la progettazione di fattibilità tecnica ed economica, ad alcuni assi fondamentali come la Agrigento-Caltanissetta e la Palermo-Agrigento «per il cui completamento mancano lavori per 200 milioni complessivi oltre alla ricerca di soluzioni adeguate per pagare fornitori e creditori dell’impresa in crisi». Ma il dossier fa luce anche sul caso della superstrada Ragusa-Catania che dovrebbe già essere in attività, in teoria, grazie a un project financing tra Sarc srl (55%), Anas (18%) e Regione (27%). La telenovela lunga un paio di decenni e che avrebbe potuto far leva su risorse per più di 800 milioni, non è però ancora arrivata al capolinea. Per il Cipe, se per un verso l’opera ha rilevanza strategica, per un altro poggia su un piano economico-finanziario di dubbia sostenibilità. Così questa interminabuile vicenda, rimarcano alla Cisl, «rischia di scivolare alle calende greche». Riguardo poi ai collegamenti autostradali, il dossier rileva che l’attuale sistema di autostrade in Sicilia «è gestito da due enti (il Cas e l’Anas) ed è interamente a due corsie». L’anomalia del Cas. E a proposito di Cas, per Cisl, Fit e Filca regionali, la vicenda del Consorzio per le Autostrade Siciliane è assai singolare, per dirla così. Perché il Cas è un ente pubblico non economico che produce ricchezza grazie agli incassi dei pedaggi che riscuote per i 222 chilometri di autostrade che tiene in portafoglio. Ma chiude da sempre in passivo i propri bilanci né riesce a destinare risorse alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle arterie autostradali che formalmente cura. Così quegli assi «versano in condizione di abbandono con evidente pregiudizio per la sicurezza degli utenti».
Le strade provinciali. Complessivamente, nelle nove province dell’Isola si estendono per 14.717 chilometri. In gran parte di persorsi precari e dissestati. Sulla carta esiste un piano d’interventi straordinario per rimettere in sesto 70 strade, che può giovarsi di 100 milioni messi a disposizione da patto per il Sud e accordo di programma quadro. Ma il dato è che la viabilità secondaria resta uno dei talloni d’Achille della regione. Ed è, al momento, un freno tirato sullo sviluppo dell’Isola. In ogni caso, area per area, la rete provinciale è così distribuita. E queste sono le risorse per ora disponibili. Palermo: 2.624 chilometri con 11 interventi previsti per 17.275 milioni. Catania: 1.911 chilometri. In agenda sono 8 gli interventi in programma per 16.610 milioni. Messina: 2.102 chilometri con 9 interventi per 17.243 milioni. Trapani: 1.311 chilometri con 9 interventi per 13.556 milioni. Agrigento: 1.447 chilometri. Previsti 4 interventi per 3.400 milioni. Caltanissetta: 1.527 chilometri. Sono 10 gli interventi attesi per 6.580 milioni. Enna: 1.373 chilometri. Gli interventi programmati sono 8 per 8.100 milioni. Ragusa: 868 chilometri. Previsti 6 interventi per 5.240 milioni. Siracusa: 1.554 chilometri per i quali sono stati messi in conto 5 interventi per 11.133 milioni.
La rete ferroviaria. In Sicilia è composta da 1369 chilometri di linee i cui tracciati «sono, di massima, rimasti quelli originari e tortuosi». Così come «molto limitate sono state nel corso del ventesimo secolo le opere di ammodernamento». Nel dossier si legge che nonostante gli ingenti stanziamenti finanziari e gli obiettivi fissati nel decreto Sblocca Italia (164/2014), «non è stato ancora avviato alcun progetto» riguardo alla velocizzazione e al raddoppio del binario della ferrovia Palermo-Catania, «ad eccezione del tratto Bicocca-Catenanuova». Ma si precisa anche che lo stallo non è peculiarità unicamente della linea ferrata Palermo-Catania. «Occorre sbloccare – si legge – il raddoppio della tratta Messina-Catania e ripristinare il collegamento ferroviario interrotto, dal 2011, tra Palermo e Trapani via Milo». E a mezz’aria restano pure le vexate quaestio dell’anello ferroviario di Palermo e del passante ferroviario di Palermo e Catania: «chiudere queste storie una volta per tutte è indispensabile», insistono alla Cisl.
Il trasporto aereo. Perché possa liberare le potenzialità di cui è naturalmente portatore nella regione i cui principali aeroporti (Palermo e Catania) si piazzano tra i primi dieci d’Italia, sarebbe opportuna, sottolinea il libro bianco Cisl, «la creazione di due grandi hub nell’Isola» che abbiano in Palermo a ovest e Catania a est, i due poli del sistema aeroportuale regionale. Due hub che consentano di superare le criticità emerse nella gestione degli aeroporti minori. Vedi i casi di Trapani e Comiso. E che siano in grado di dare una decisiva spinta allo sviluppo attraverso un’offerta più adeguata di voli. L’outlook degli scenari di crescita stima del resto che entro i prossimi dieci anni il traffico totale degli aeroporti dell’Isola tocchi quota 28 milioni di passeggeri, dieci in più degli attuali. E sarà un incremento tra i più alti nel Paese con la quota maggiore prevista per Fontanarossa e a seguire per il Falcone-Borsellino. Due grandi hub, dunque, sarebbero «opportuni. Anzi necessari», puntualizza il dossier Cisl. Sottolineando che, in questa prospettiva, «va sciolto inderogabilmente il nodo del collegamento ferroviario veloce tra le aerostazioni di Palermo e Trapani da un lato, di Catania e Comiso dall’altro».
I porti. Dal 2016 la governance del settore è affidata a due Autorità di sistema: per la Sicilia occidentale (Palermo, Trapani, Porto Empedocle e Termini Imerese) e per la Sicilia orientale (scali di Augusta e Catania). Da qualche mese, anche all’Autorità di sistema dello Stretto di Messina a cui fanno capo i porti di Messina e Milazzo per la Sicilia e Reggio e Villa San Giovanni per la Calabria. Ma l’economia siciliana degli scambi via mare passa anche, si legge nel dossier Cisl, «per lo sviluppo dei due interporti dell’Isola: Termini Imerese da realizzare, Catania Bicocca da completare». Inoltre, restano aperte alcune questioni. A cominciare dal fatto che i porti minori, di Mazara, Marsala, Castellammare, Gela, Pozzallo, Siracusa e i porti turistici e delle isole minori, sono fuori dal sistema delle Authority. Pertanto «va ampliata la competenza delle Autorità e va istituita una Conferenza delle Autorità con funzioni di cabina di regia». Ma va anche, insiste il libro bianco, data attuazione alle Zone economiche speciali (Zes) concepite dalle vigenti disposizioni normative e regolamentari con l’obiettivo di attrarre investimenti nelle aree dei porti, degli aeroporti, nei retroporti e nelle piattaforme interportuali. Le Zes possono giovarsi di incentivi e agevolazioni fiscali, di deroghe normative, di semplificazioni amministrative. Ma finché resteranno sulla carta, saranno «né più né meno che un oscuro oggetto del desiderio», è la chiosa Cisl.
Il ponte sullo Stretto. Per Cisl, Fit e Filca siciliane, è un’infrastruttura ferroviaria e stradale «la cui realizzazione sarebbe utile e necessaria». Oltretutto, darebbe un senso anche alle politiche di continuità territoriale. «È stato inopportuno e sconsiderato nel 2013 – puntualizza il libro bianco – far decadere il contratto con l’Ati Eurolink aggiudicatrice dell’appalto per la realizzazione dell’opera, a fronte di una ingente penale». Una scelta con strascichi onerosissimi, che arrivano fino a noi. È recente infatti la notizia del ricorso contro la decisione del Tribunale, per un maxi-indennizzo di 700 milioni. Una montagna di soldi che rischiano di finire letteralmente a mare. Buttati via «a dispetto della fame della regione, di collegamenti e sviluppo, che meriterebbe ben altra sorte». A tirare le fila della discussione Furlan, secondo cui «il Sud e la Sicilia, negli ultimi tempi, non hanno visto investimenti nelle infrastrutture. E oggi ne paghiamo le conseguenze». La questione è dirimente. «Perché Nord e Sud vanno collegati, solo così si possono creare investimenti e lavoro». «Un tema che è mancato nel Def ma non può continuare a mancare. Ci sono 80 miliardi stanziati, fermi. E 400 mila posto di lavoro bloccati per i tanti italiani che sono in cerca di lavoro». Oltretutto, la mancanza di infrastrutture incide sulla produttività. E in Sicilia, ha ripetuto la leader Cisl, c’è una forte carenza e fatiscenza di infrastrutture. «Per questo abbiamo chiesto una cabina di regia. E c’è bisogno di un patto per rilanciare il tema». Prima di Furlan, erano intervenuti gli assessori regionali ai Trasporti e all’Economia. Falcone ha informato che «abbiamo chiesto all’Anas di attivare entro il 2022 opere per una spesa complessiiva di 1,2 miliardi. E anche di riaprire a settembre, facendo ricorso pure ai turni di notte, il viadotto Himera crollato nel 2014». Ha inoltre reso noto che «entro novembre saranno concluse le progettazioni definitive per il collegamento in un’ora e 45 minuti delle stazioni centrali di Palermo e Catania». L’opera, che costerà cinque miliardi, sarà completata entro il 2025. Armao ha rilevato che «tutto quello di cui abbiamo parlato s’incrocia con la grande questione dei tempi dei procedimenti aministrativi». E su questo qualche giorno fa l’Ars ha approvato una importante riforma, tanto che «oggi la Sicilia ha la legge sulla semplificazione e la trasparenza, più avanzata d’Italia». Ha inoltre sostenuto che «l’altra faccia della medaglia al centro della discussione di oggi, è il tema delle infrastrutture digitali». Ma su questo la Sicilia per una volta può appuntare una stelletta al petto. «Con l’attuale ritmo di diffusione della banda larga, nel 2023 – ha dichiarato l’assessore – la Sicilia sarà l’area più digitalizzata d’Europa».