Lavoro: Furlan a La Stampa “La concertazione si fa fra soggetti liberi ed autonomi. Bisogna essere chiari nelle scelte e negli obiettivi”

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Noi non giudichiamo dal colore politico di chi governa. La concertazione la si fa fra soggetti liberi e autonomi. Se viceversa serve a introdurre per legge la riforma della rappresentanza, il salario minimo o a modificare le regole sul mercato del lavoro, non va bene. Il nostro faro sono gli interessi dei lavoratori. Non firmiamo patti al buio, noi giudichiamo i governi dai fatti”. E’ quanto sottolinea oggi in una lunga intervista a “La Stampa” la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan. Sul patto con il governo per il lavoro, proposto dal leader della Cgil Landini, la Furlan replica: “Se dopo tanto tempo Maurizio vuole far sua una nostra vecchia proposta, non posso che esserne contenta. Ma la concertazione è una cosa seria, non può essere fatta di sorrisi e buone maniere. Dico che bisogna essere chiari nelle scelte e negli obiettivi, dire dei sì o dei no. La Finanziaria ad esempio: ci sono cose positive, come la promessa di una seria lotta all’evasione e le risorse per ridurre il cuneo fiscale. Le risorse però sono poche, non c’è nulla sulla rivalutazione delle pensioni, ancora troppo poco per l’innovazione, la ricerca, le assunzioni e i rinnovi contrattuali della pubblica amministrazione. E i cantieri pubblici sono bloccati come prima”. Alla domanda se la Cisl non si fida della maggioranza giallorossa, Furlan risponde: “Figuriamoci. I problemi non si risolvono con le frasi a effetto. Per noi resta valida una proposta unitaria al governo. Ma mi chiedo: la Cgil vuole davvero discontinuità? Che farà la maggioranza sui decreti sicurezza? Il decreto sblocca-cantieri lo si migliora per evitare gli appalti al massimo ribasso? Quanti dei centosessanta tavoli di crisi hanno risolto finora? Trecentomila lavoratori non passeranno un Natale sereno”. Sulle crisi industriali di Ilva, Alitalia e sulla eventuale presenza dello stato nel capitale, la leader Cisl ritiene che ” il problema non è la presenza o meno dello Stato in sé, ma quale siano le scelte strategiche che lo giustificano. Il caso Ilva ha dell’incredibile: metti lo scudo, togli lo scudo, rimetti lo scudo. Una crisi industriale che sembrava risolta è diventata un enorme alibi per i Mittal. Anche il fallimento della Popolare di Bari dimostra che il sistema di vigilanza sulle banche non è adeguato”.

 

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