Venticinquesimo anniversario Capaci, Furlan “Mafia si annida nella povertà. Il lavoro è ciò che rende liberi dai ricatti della malavita”

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“Giovanni Falcone e Paolo Borsellino avevano cercato di combattere la mafia con grandi capacità investigative, individuando responsabilità, connivenze e connessioni, anche dentro lo Stato”. E’ quanto sottolinea la Segretaria Generale della Cisl, Annanaria Furlan, in un editoriale pubblicato oggi sul Giornale di Sicilia a 25 anni dalla strage di Capaci. “La mafia è composta da uomini che si possono sconfiggere, purchè lo si voglia’, diceva Giovanni Falcone. Ed oggi quelle sue parole profetiche rimangono attuali, in una Italia dove la presenza e le infiltrazioni di mafia, ‘ndrangheta e camorra sono forse ancora più forti del passato ed anzi si sono estese in tutte le aree del paese, nelle attività economiche, negli appalti pubblici, nel gioco d’azzardo, nella gestione dei rifiuti, nello sfruttamento dell’immigrazione clandestina e persino nell’utilizzo delle risorse pubbliche per l’accoglienza dei profughi”. La leader della Cisl ricorda che un mese dopo la strage di Capaci fu il mondo del lavoro a scendere in campo per sollecitare una risposta unitaria ed attiva di tutto il paese, senza distinzioni, di fronte all’attacco portato al cuore delle istituzioni democratiche dalla mafia. “Il 27 giugno 1992, centomila lavoratori giunsero a Palermo da ogni parte d’Italia, marciarono dietro le bandiere del sindacato per chiedere giustizia, legalità, sviluppo. Ci fu una grande manifestazione unitaria, la più imponente nella storia del Mezzogiorno, che costituì una svolta alla nascita di un sentimento collettivo di rivolta delle coscienze nei confronti del ricatto mafioso. Lo Stato seppe reagire, i boss mafiosi in fuga per decenni furono arrestati, anche se la magistratura non ha mai cessato di proseguire nella ricerca della verità”. Per la Segretaria della Cisl la causa umana fondamentale di ogni forma di mafia rimane la miseria senza vie d’uscita. “Basterebbe pensare ai quartieri periferici di tante città del Sud, ma anche di altre regioni italiane, in mano ai clan malavitosi, dove regna il degrado, la disoccupazione, l’ignoranza, la violenza, l’abbandono scolastico, dove mancano servizi sociali, ospedali decenti, infrastrutture adeguate” aggiunge Furlan. “La criminalità si annida nella povertà, si nutre oggi delle diseguaglianze crescenti nel paese come ha certificato l’Istat, nel senso di solitudine e di frustrazione delle persone. E’ un errore pensare che la lotta per la legalità sia cosa diversa e separata da quella per la crescita sociale, per gli investimenti e per lo sviluppo economico. Il tempo di questa lotta è unico. Il lavoro è ciò che rende liberi dai ricatti della malavita, che rende davvero la persona completa, le permette di esprimersi, di contribuire al bene comune. Ecco perchè ci vorrebbe più Stato e più Europa, insieme ad un patto sociale nazionale e nelle regioni del Sud sulla base di obiettivi concreti, scelte chiare e responsabilità condivise. Ma invece leggiamo tante ricette dal sapore populista, proposte confuse di sussidi economici e non di redditi da lavoro, slogan e programmi velleitari da parte dei partiti politici, vecchi e nuovi. In raltà non si intravede ancora un progetto di alto profilo e che sia all’altezza della sfida cui verrà chiamato il nostro paese nei prossimi anni. Parliamo di nuove politiche industriali, di fiscalità di vantaggio, di interventi differenziati per la disoccupazione giovanile, di servizi per l’inclusione sociale capaci di contrastare l’aumento delle povertà, di come favorire investimenti pubblici in innovazione e ricerca, di politiche attive, di una diffusa ed effettiva alternanza tra scuola e lavoro. Bisogna ripartire in Sicilia ed in tutto il paese dalla centralità del lavoro, dalla sua dignità, dalla lotta ad ogni forma di sfruttamento, spezzando quella rete di omertà, di ricatto che c’è in molti territori. Ciascuno deve fare la propria parte. Questo è il modo vero per onorare la memoria ed il sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”, conclude la leader della Cisl.

 

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