“Le periferie sono state concepite secondo un’impostazione urbanistica che non ha preso in considerazione aspetti del vivere all’interno di una comunità ma piuttosto ha risposto a bisogni di tipo economico e abitativo. Il risultato è stato quello di avere costruito dei quartieri dormitorio ai confini della città senza servizi adeguati e senza una vera e propria identità. Oggi scontiamo i peccati di una politica miope che per risolvere un problema contingente non ha guardato né al futuro né alle possibili conseguenze delle sue scelte. Non vorremmo che anche oggi si continuassero a commettere gli stessi errori, le amministrazioni comunali attuali e che verranno devono porre questo tema come prioritario nella loro azione”. Cosi Leonardo La Piana segretario generale Cisl Palermo Trapani interviene sul dibattito aperto attorno al tema delle periferie di Palermo e Trapani. “Ripensare alle periferie significa allora ripensarle sulla base dei bisogni delle persone, dei cittadini che le vivono; significa avere una visione in prospettiva e stabilire una programmazione non titanica né grandiosa ma fatta di piccoli ma autentici interventi che in maniera chirurgica vadano ad incidere sui temi e sulle questioni che richiedono un cambiamento”. “La prima domanda che dovremmo porci è se i cittadini che abitano le periferie si sentono parte attiva del luogo in cui vivono. Ovvero, se il luogo in cui risiede la propria abitazione è vissuto o abitato”. La Piana aggiunge “A differenza delle borgate storiche, in cui la popolazione ha un attaccamento viscerale al luogo e alla sua storia e si sente parte di quel territorio, nelle periferie questa dimensione ‘di appartenenza’ è fragile se non inesistente. Cosa si è fatto nel tempo allora per creare questo senso di affiliazione ad un luogo: nulla o pochissimo. A questa tematica si connette quella della povertà educativa, che non riguarda solo le periferie suburbane ma che riguarda anche le borgate storiche, in cui accanto alla povertà economica e sociale si accompagna una forma di povertà che non è solo culturale ma anche valoriale”. “Affrontare il problema della povertà educativa – secondo il segretario generale Cisl Palermo Trapani La Piana – richiede una visione della complessità di un fenomeno che contempera diversi aspetti e che esperti nel settore hanno posto alla loro attenzione. Avere contezza per esempio che molti bambini e bambine non hanno letto un fumetto o un libro, che non sono mai stati in un cinema o teatro, che non hanno mai visto ‘la bellezza’, se non attraverso magari i loro cellulari considerandola come meta lontana ed anche irraggiungibile; che molti bambini o bambine sconoscono il concetto di legalità o lo associano alle retate delle forze dell’ordine, o solo ad un concetto di repressione e non di tutela e garanzia dei diritti che pensiamo di non avere o meglio ancora che qualcuno che non sia lo Stato possa garantirli con meccanismi che esercitano forza e diffondono paura”. Da qui le proposte “c’è tanto tanto da fare e riteniamo che serva un processo organizzativo e decisionale differente; in termini semplici e fattivi crediamo che un ruolo fondamentale possano averlo le circoscrizioni; restituire un potere economico e decisionale alle circoscrizioni potrebbe permettere azioni politiche e di programmazione precipue, calibrate sulle necessità dei cittadini e del territorio. Attraverso azioni di partecipazione attiva, di reale coinvolgimento dei cittadini in termini consultivi la popolazione potrebbe essere gradatamente educata ad una riappropriazione del territorio in termini di co-responsabilità del suo funzionamento. Da queste azioni a nostro avviso ne deriverebbe una applicazione concreta di quelle forme di legalità che devono essere ‘sbriciolate’ per poter essere meglio assorbite attraverso azioni partecipate si potrebbe guardare ai bisogni dei bambini, dei giovani, degli adulti, lavoratori e degli anziani. In una tale dimensione sarebbe possibile pensare ad interventi di riqualificazione, di prevenzione, di valorizzazione e promozione del territorio e delle sue risorse nonché potenzialità”. La Piana conclude “non occorrerebbe prevedere grosse somme per gli interventi strutturali ma basterebbe adeguare le strutture già esistenti nel territorio come scuole e servizi pubblici per aprirle all’uso dei cittadini. In esse con la collaborazione preziosa del terzo settore, magari locale, delle piccole associazioni di volontariato, in rete con gli enti locali si potrebbero potenziare e creare servizi per il cittadino che coprono e soddisfano i bisogni di quel territorio e in cui anche le persone partecipano con il loro contributo. Le circoscrizioni potrebbero così, piano piano, riacquistare un’anima e con esse un’identità. Servono interventi immediati, programmati secondo un planning stretto in cui sia chiaro chi fa cosa, serve un coinvolgimento del privato sociale che in questi anni ha surrogato lo Stato anche in situazioni al limite della praticabilità ma soprattutto serve un cambio culturale che parta dai bisogni dei luoghi e delle persone e meno dalla zona confort di chi dovrebbe realizzare il servizio. Vorremmo si discutesse di questo, e che quando si parla di PNRR, di politiche di sviluppo, di azioni concrete si ripartisse da quello che abbiamo rendendolo fruibile perché ritengo che la rinascita infrastrutturale, economica, sociale e culturale delle periferie sia un’altra prospettiva con cui guardare al Piano di Ripresa e Resilienza”.