Tasi, Furlan “Giusto abolire la tassa ma bisogna evitare aumenti di quelle locali”

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«La cosa davvero positiva è tornare a parlare di fisco partendo dai bisogni di coloro che le tasse le pagano tutte: lavoratori dipendenti e pensionati. Abbiamo bisogno come l’ossigeno di un fisco che tenga conto del mondo del lavoro e che lo aiuti. Noi, come Cisl, a settembre consegneremo centinaia di migliaia di firme raccolte sulla nostra legge di iniziativa popolare: lì proponiamo, con coperture precise, di restituire 1.000 euro a tutti coloro che guadagnano fino a 40mila euro l’anno e proponiamo l’abolizione di tutte le tasse sulla prima casa». E’ quanto sottolinea la Segreteria Generale della Cisl, Annamaria Furlan in un intervista pubblicata oggi in prima pagina sul quotidiano L’Unità.
“Noi proponiamo di detassare le prime case figlie di sacrifici e di mutui pagati con difficoltà. Non gli attici degli straricchi che non hanno bisogno di sconti perché spesso non pagano le imposte”, ha precisato Furlan parlando della riforma fiscale annunciata dal Governo. “Quindi a noi l’idea di abolire la Tasi va bene se viene fissato un tetto di valore ragionevale oltre al quale si continuerà a pagare.
Per la Furlan, “va evitato quello che è successo con il bonus degli 80 euro. In quel caso i consumi non sono ripartiti a causa dell’aumento della tassazione a livello territoriale a cui sono stati costretti gli enti locali per compensare i tagli subiti come copertura agli 80 euro. Rischiamo che anche questa volta il taglio della Tasi sia vanificato e il fisco, che diventa amico a livello centrale, si tramuti in un nemico a livello locale. In più c’è un altro grave problema che rigarda le pensioni. Cambiare la riforma Fornero è un’emergenza, non si può aspettare il 2018 come promette Renzi. Noi, con Cgil e Uil, su questo tema abbiamo una proposta precisa: serve flessibilità in uscita perché non è possibile che per esempio gli edili lavorino sulle impalcature fino a 67 anni e solo riaprendo i pensionamenti si creano i posti di lavoro per i giovani. Ci sono tante proposte in Parlamento, a partire da quella Damiano, la si approvi al più presto. Quindi: bene che il governo volti lo sguardo finalmente al fisco, ma priorità e cronoprogramma vanno tarate». 
La Furlan è tornata anche sul tema del Jobs act. “Se sono stati pochi gli incontri formali con il ministro Poletti, sono stati tanti gli incontri informali che ci hanno permesso di limitare i danni a partire dalla cancellazione dei licenziamenti per scarso rendimento, che il governo aveva proposto, per passare all’allargamento delle tutele per i precari e l’emersione delle false partite Iva”, ha sottolineato la Furlan. “Tutti risultati che vanno ascritti al lavoro strettamente  sindacale della Cisl. Noi ora vogliamo che il governo riveda il rapporto con tutte le parti sociali rispettando la nostra rappresenza. Ma lo vogliamo per un motivo molto semplice: l’Italia non è ancora uscita dalla crisi perché, nonostante i segnali di ripresa, ci sono ancora troppi disoccupati. Serve dunque un patto sociale per uscirne definitivamente e perchè nessuno salva il paese da solo: tutti insieme possiamo riuscirci ». 
Sul tema della riforma dei contratti, la Furlan ha aggiunto: «La riforma del modello contrattuale è una necessità non solo perché è scaduto ma perché senza buste paga più pesanti la ripresa non accelera. La nostra proposta va in questa direzione, vuole essere un elemento di riflessione e di discussione con Cgil e Uil ma conseguentemente anche con Confindustria. 
Mi auguro che la Cgil si confronti e rifletta sulla nostra proposta senza continuare a dire che il modello contrattuale non è una priorità e che si può aspettare. Noi non abbiamo la verità in tasca, però sappiamo che se non troviamo una sintesi fra le nostra posizioni siamo schiacciati fra Squinzi, che sostiene che moratoria sui rinnovi contrattuali (e nel giro di pochi mesi ne abbiamo in scadenza più della metà), e il governo, che fra qualche mese, senza un accordo fra le parti sociali, varerà una legge sul salario minimo orario. Lavoriamo ad una sintesi con Cgil e Uil, ma sapendo che il tempo non è una variabile indipendente: ognuno eviti di porre veti, così non ci si confronta.
Col salario minimo orario rischiamo di distruggere la contrattazione e peggioriamo le condizioni dei lavoratori. Con la contrattazione noi tuteliamo l’85 per cento dei lavoratori: serve allargarla, non lasciare tutto ad una legge, all’arena della politica, alle ripicche fra i partiti. Le parti sociali sanno fare di meglio e, se proprio il governo vuole fare una legge sulla contrattazione, rimetta la detassazione della produttività sui contratti di secondo livello che ha tolto quest’anno».

 

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