Bernava su povertà, “governo dialoghi con sindacati e associazioni”

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La Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene due importanti novità in tema di politiche di welfare, esito delle nostre sollecitazioni e proposte. Si tratta del sostegno al welfare contrattuale, iniziativa che apre ulteriori spazi alla negoziazione sindacale e della definizione di una misura strutturale ed un Piano di lotta alla povertà.
Quest’ultima previsione della Legge di Stabilità, pur positiva negli intendimenti, risulta ancora insufficiente sotto l’aspetto del finanziamento e dai contorni non ben definiti in quanto connessa al riordino di tutti i trattamenti assistenziali esistenti.
Su questo si concentra l’ intervista del Segretario confederale Cisl Maurizio Bernava, rilasciata a “Secondo welfare” che riportiamo per intero.

Prevedendo nuovi finanziamenti e una legge delega che vuole razionalizzare le prestazioni esistenti, la Legge di Stabilità apre nuove prospettive in materia di lotta alla povertà. Per la prima volta, l’Italia è vicina all’introduzione di una misura universalistica di contrasto alla povertà. E’ auspicabile che nei prossimi mesi il governo si impegni a definire questa misura dialogando con l’Alleanza Contro la Povertà in Italia, un cartello di soggetti che mette insieme associazioni, terzo settore, sindacati, comuni e regioni e che si è fatto promotore di politiche pubbliche migliori in materia di lotta alla povertà. Ne abbiamo parlato con Maurizio Bernava, Segretario Confederale Cisl e Responsabile delle Politiche Sociali, della Salute e di Riforma delle Pubbliche Amministrazioni.

La Legge di Stabilità sembra gettare le basi per l’introduzione di una misura nazionale e strutturale di lotta alla povertà. Qual è la posizione della CISL su questo punto?
Il Governo ha inserito per la prima volta in Legge di Stabilità un Piano nazionale di contrasto alla povertà e un Fondo dedicato che, se pur affidato a una delega dai criteri e dagli obiettivi ancora non definiti, delinea una misura strutturale di contrasto alla povertà a partire dal 2017. Questo è il risultato del lavoro di proposta, pressione, sollecitazione che l’Alleanza contro la povertà e la Cisl (che è tra i fondatori) hanno sviluppato negli ultimi due anni. Siamo a un punto di svolta, il Paese per la prima volta è vicino all’introduzione di uno strumento nazionale, universale e strutturale. Questo punto di svolta vorremmo che fosse il frutto di un dialogo e un confronto con le associazioni dell’Alleanza che si sono spese per elaborare e sostenere una proposta sostenibile e praticabile. Le associazioni dell’Alleanza hanno messo in campo un pragmatismo responsabile ancor più di quanto hanno fatto alcune forze parlamentari. Auspichiamo che il Governo riconosca nei fatti il valore sociale e solidaristico che contraddistingue l’Alleanza e che è la diretta espressione di una ricchezza partecipativa che si spende per l’interesse generale del Paese. In sostanza, a questo punto ci aspettiamo che si apra un dialogo e un vero confronto in occasione dell’elaborazione del Piano nazionale.

Come giudicate il quadro dei finanziamenti previsti dalla legge di stabilità e la previsione di una legge delega in materia di povertà?
Le risorse dedicate, anche se strutturali, sono ancora insufficienti a combattere efficacemente la povertà assoluta. Il contrasto alla povertà assoluta è la priorità che abbiamo assunto nel quadro dell’Alleanza e su cui dovrebbe concentrarsi anche l’impegno del Parlamento. La nostra proposta di Reddito d’Inclusione Sociale (REIS) prevede un finanziamento graduale e crescente nel quadriennio. Ora, il Governo, mettendo insieme i fondi già stanziati con quelli previsti dalla Legge di Stabilità, prevede di raggiungere circa 1,6 miliardi di euro nel 2016, una cifra vicina a quella da noi indicata per l’avvio del Reis (1,8 miliardi). Ma la cifra coincide soltanto per il primo anno, perché per gli anni successivi potremmo contare su circa 1,5 miliardi che sono insufficienti e saranno quindi necessarie delle risorse aggiuntive. E’ per questo che serve un confronto. Ci auguriamo che sulla delega collegata alla Legge di stabilità (con la quale il Governo intende avviare il riordino di tutte le prestazioni assistenziali per potenziare lo strumento di contrasto alla povertà) vi sia un dialogo che, a nostro avviso, è indispensabile. Il confronto sulla delega si rende necessario perché, se l’obiettivo è quello di definire uno strumento di contrasto alla povertà strutturale e universalistico, come noi intendiamo fare con il Reis, serve individuare nuove fonti di finanziamento. Ci aspettiamo scelte importanti e coraggiose su questo aspetto da parte del Governo. Perciò sulla riforma delle prestazioni assistenziali è importante non essere approssimativi e non reiterare le ennesime sperimentazioni senza effetti sulla condizione sociale delle persone. Si tratta quindi di cominciare a ridisegnare un nuovo welfare per il Paese intorno alla delega prevista dalla Legge di Stabilità. Siamo pronti come Cisl al confronto e a contribuire per rendere il sistema di welfare italiano più equo, efficace e adeguato all’attuale contesto socio economico. E soprattutto, siamo pronti a impegnarci per raggiungere l’obiettivo (individuato nell’ambio del Reis) della copertura dei 7,1 miliardi entro i prossimi quattro anni per coprire l’intera platea delle famiglie in povertà assoluta. Per la Cisl è importante capire se quanto previsto dalla Legge di Stabilità e quanto sarà proposto con la delega coincide con la nascita del Reis.

Quali caratteristiche dovrebbe avere, a suo avviso, una misura di contrasto alla povertà?
Deve essere rivolta alle famiglie in condizione di indigenza, soggetta alla prova dei mezzi e in grado di garantire un adeguato sostegno economico. In particolare, dovrebbe fornire un sostegno monetario inversamente proporzionale al reddito familiare disponibile e che aumenta al crescere dell’ampiezza familiare. Per le famiglie beneficiarie occorre che il Comune di residenza, preveda percorsi di reinserimento socio-lavorativi, attivando i centri per l’impiego o i servizi sociali e socio sanitari. La Cisl vuole evitare il rischio che la misura sia esclusivamente assistenziale per questo è importante che gli Enti Locali affianchino al trasferimento economico un percorso di reinserimento adeguato alle necessità familiari e che i soggetti beneficiari, pena la sospensione del sostegno monetario, siano vincolati a seguirlo. Più in generale riteniamo che l’impianto di questa misura e il Piano nazionale potrebbero essere dei potenti propulsori per attivare un nuovo sistema di welfare. Instaurando rapporti diversi tra Stato, Regioni ed Enti Locali. La proposta del Reis si qualifica perchè intende definire una governance centrata non solo sulle risorse, ma anche sulla strutturazione di sistemi locali per la presa in carico delle persone e delle famiglie in povertà assoluta in tutto il territorio nazionale.

Tradizionalmente, i sindacati sono stati poco sensibili alla questione della povertà, oggi emerge invece un’attenzione nuova al tema. Quali sono le ragioni di tale riposizionamento?
Si tratta della conferma che, almeno nella Cisl, abbiamo consapevolezza delle trasformazioni avvenute. L’impatto violento della grave crisi economica sulle comunità ha fatto diventare la povertà un fenomeno che travolge anche famiglie con un reddito in passato considerato stabile, o che erano multireddito e soggetti con professionalità elevate. Si è diffusa in tutta la società la paura di impoverirsi o di sprofondare nell’indigenza, ma è aumentata anche nei lavoratori dipendenti, pensionati e nelle famiglie che rappresentano i riferimenti tradizionali del sindacato. Precariato e lavoro stagionale in molte aree del Paese sono diventate una condizione prevalente per tanti lavoratori di diversi settori e per i giovani inoccupati in possesso di titoli di studio. Per la Cisl quindi impegnarsi a negoziare e offrire soluzioni di contrasto alla povertà significa conquistarsi una nuova legittimazione sociale. Abbiamo promosso e sostenuto la proposta del Reis per la sua valenza inclusiva e perché nasce come un sostegno transitorio e mirato all’inserimento o al re-inserimento nel mercato del lavoro. Si tratta a nostro avviso di un dovere etico e sociale per tutti i soggetti che hanno a riferimento una vera democrazia sociale e inclusiva.

Tale riposizionamento è sinonimo di un sindacato che si apre a istanze sociali nuove rispetto a quelle del lavoro o è anche frutto della volontà di giocare un ruolo nell’implementazione delle politiche di lotta alla povertà?
Oggi più che in mai l’azione del sindacato non può essere “autoconfinarsi” esclusivamente nella tutela e promozione del lavoratore stabile e del pensionato. Le domande che provengono dalle famiglie, le esigenze dei giovani esclusi dal lavoro e dei lavoratori maturi da ricollocare nel mercato del lavoro, la richiesta di integrazione che cresce tra una ampia platea di cittadini (ad esempio gli immigrati) presuppongono che il sindacato sia protagonista nell’aggregare e dare soluzioni volte a promuovere l’inclusione sociale e contrastare la diseguaglianza, l’ingiustizia e la marginalità. Su questo aspetto, assieme alla scelta di dare centralità strategica alla contrattazione sindacale, si rifonderà la nuova stagione della Cisl. La Cisl sarà sindacato della contrattazione nazionale e di prossimità (sia aziendale sia sociale-territoriale) e dovrà attrezzarsi in fretta, con le proprie articolazioni, per offrire alle persone e alle famiglie, oltre ai servizi tradizionali (Caf, Patronato, Uffici vertenze) anche servizi per il lavoro, per la non autosufficienza e per l’infanzia. Esistono tutte le condizioni affinché il sindacato faccia una svolta di tipo partecipativo sul terreno dei servizi da offrire ai propri associati e cittadini. Siamo convinti che vada aperta questa nuova stagione che aiuterebbe il Sindacato ad avvicinarsi di più ai bisogni della gente. Una sfida questa, che la Cisl ha deciso di assumere fino in fondo.

Quali sono le principali ragioni che hanno spinto la CISL ad aderire all’Alleanza contro la povertà in Italia?
La constatazione che per troppo tempo la questione povertà è stata tenuta ai margini dell’azione politico-istituzionale. Anche quando, in passato, l’esecutivo ha mostrato una maggiore attenzione al tema, le misure messe in campo sono state temporanee e le risorse a esse destinate sono state scarse. Era dunque necessario creare una solida alleanza tra le forze sociali per spingere il Governo e il Parlamento verso la giusta direzione.
L’Alleanza (che oggi peraltro coinvolge 35 tra sindacati e organizzazioni che operano nel campo della povertà) è una realtà associativa che si è affermata con decisione grazie alla sua capacità di proposta e orientamento anche sul piano tecnico. Ovviamente, affinché l’Alleanza possa contribuire alla definizione di una politica nazionale di lotta alla povertà serve la volontà e la disponibilità ad ascoltare e dialogare da parte dei destinatari politico-istituzionali.

Quali sono le principali attività a cui partecipate a seguito dell’adesione all’Alleanza contro la povertà in Italia?
In primo luogo, abbiamo contribuito a costruire il Reis attraverso un proficuo confronto, interno all’Alleanza, che ha visto protagonisti professori universitari ed esperti tecnici. Questo lavoro è stato realizzato grazie al coordinamento scientifico del Prof. Gori e al supporto organizzativo delle Acli. In secondo luogo, abbiamo sostenuto politicamente la proposta del Reis che è stata presentata al Presidente della Repubblica, ad alcuni esponenti del Governo e ai parlamentari dei vari schieramenti. Infine, negli ultimi mesi abbiamo contribuito alla realizzazione di alcuni tavoli regionali volti a promuovere un’azione di sensibilizzazione più capillare e il confronto con le proposte emerse sul territorio.

Oltre alle attività realizzate nel quadro dell’Alleanza, quali sono le pratiche concrete di contrasto alla povertà che vedono una partecipazione diretta della CISL?
Come registrato dal nostro Osservatorio sociale, in questi anni la Cisl (insieme alla Federazione dei pensionati) ha concluso oltre 4000 accordi a livello locale e diffusi su tutto il territorio nazionale. La maggior parte di essi è finalizzata a: 1) promuovere politiche socio familiari e socio sanitarie qualificando l’offerta dei servizi, i criteri di accesso e compartecipazione per le famiglie in condizioni di fragilità e con carichi di cura (anziani, non autosufficienti e disabili, bambini); 2) attivare interventi di contrasto alla povertà e di inclusione socio lavorativa, anche attraverso la costituzione di fondi di solidarietà o anticrisi. Ma la Cisl è intervenuta anche nell’ambito della fiscalità locale per promuovere l’equità del sistema impositivo e attraverso la conclusione di accordi con le aziende colpite dalla crisi volti a tutelare il lavoro e il reddito.
Questo rappresenta per noi un immenso patrimonio sociale e culturale, espressione di vivacità, protagonismo e capacità della Cisl di relazionarsi con le amministrazioni locali e le alleanze sociali sul territorio. Le stesse associazioni di volontariato promosse dalla Cisl, come l’Anteas e l’Anolf, hanno sviluppato concrete azioni per fronteggiare l’emergenza povertà e per offrire sostegno e assistenza primaria alle persone che vivono in condizioni di emarginazione e abbandono.
Sul piano nazionale, la Cisl ha sostenuto anche la proposta di legge per un più equo sistema fiscale e un nuovo assegno familiare (che ha raccolto 500 mila firme in pochi mesi). Le misure fiscali proposte dalla Cisl sono orientate a superare le diseguaglianze di reddito e a contrastare l’impoverimento delle famiglie. Tutto ciò conferma che la Cisl è un sindacato impegnato per garantire inclusione e partecipazione, che assieme all’urgenza di stimolare una forte crescita economica rappresentano le principali priorità per tutto il paese.

 

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